sabato 16 giugno 2012

New York Movies


Cari New York Addicted, da questa settimana e per le prossime nove (e mezzo) curerò per Best Movie una serie di speciali dedicati ai film ambientati a New York. Il primo di questi speciali è già on line e riguarda Il Diavolo Veste Prada con Meryl Streep e Anne Hathaway.
Best Movie, nata nel gennaio del 2002, è una rivista mensile di cinema presente in edicola nel formato magazine e distribuita gratuitamente in formato pocket nelle sale cinematografiche. 
La versione online contiene contenuti esclusivi, servizi speciali e continui aggiornamenti sul mondo del cinema. 
Per conoscere la scaletta dei New York Movies che vi proporrò fate un salto qui
All the Best, Francesco

martedì 22 maggio 2012

La "misteriosa" isola dei Governatori


Governors Island, stampa del 1907
Una delle mete turistiche più sottovalutate di New York City è l'escursione a Governors Island.
La posizione strategica di questa isola nella zona alta della baia di New York, inserita nel canale Buttermilk che separa Manhattan da Brooklyn, ha dato a Governors Island una connotazione militare sin dalla prima metà del 1600, quando a governare erano gli olandesi.
Nel corso dei secoli successivi l'isola non ha mai perso questa specificità, che l'ha vista coinvolta in ogni guerra che ha interessato più o meno direttamente l'America. Dal 1812, anno del conflitto con gli inglesi in cui venne ultimata la sua costruzione più celebre, Castle Williams, si è passati alla Guerra Civile, ed a entrambi i conflitti mondiali. 

Castle Williams a Governors Island
Nel 1897, dodici mesi prima della costituzione della Greater New York, il Congresso propose un piano di conversione a parco pubblico del sito, piano bocciato in virtù "dell'indispensabilità degli scopi militari" dell'isola.
Come accadde per Ellis Island, anche questa isola vide espandere artificialmente il suo territorio, passando tra il 1901 e il 1912 da 25 a 70 ettari di terreno, grazie ai detriti ricavati dagli scavi per la metropolitana sotto la 4° avenue (oggi corrisponde alla fermata della Lexington Avenue) e da quelli dei lavori per il tunnel da Battery Park a Brooklyn.
A dare uno scossone alla notorietà dell'isola non furono però nè gli eventi militari nè la sua espansione territoriale.
Nel 1909, in occasione della Hudson-Fulton Celebration organizzata per il trecentesimo anniversario della scoperta del fiume Hudson da parte di Henry Hudson e del centenario della navigazione a vapore dello stesso fiume grazie all'invenzione di Robert Fulton, era previsto per il 29 settembre un evento straordinario.
Se in città i primi imponenti buildings sfidavano il cielo, i geniali fratelli Wilbur e Orville Wright erano sbarcati sulla Governors Island, con al seguito il carico dell' ultima versione della loro invenzione. 
Un biplano a motore. 
Il decollo dei fratelli wright
Wilbur Wright, che aveva compiuto il primo volo con il suo Flyer 1 il 17 dicembre del 1903 librandosi in aria sulla spiaggia di Kitty Hawk nella Carolina del Nord per dodici secondi, era pronto, dopo alcune esperienze europee, a decollare per offrire ai newyorchesi il primo volo della storia su acque americane.
Il biplano era stato preparato per l'occasione, un nuovo Flyer la cui fusoliera era costituita da una canoa, in grado, almeno nelle intenzioni, di garantire leggerezza e galleggiabilità in caso di imprevisti.
Mr. Wright avviò l'elica, si abbottonò la giacca di tweed, abbassò leggermente il cappello, prese posto nella "canoa" e, senza esitazione, decollò.
Qualche minuto dopo il pilota portò i suoi omaggi alla Miss più famosa d'America, la Statua della Libertà, volteggiandole intorno a un'altezza di circa 60 metri sul livello del fiume. In quel momento un transatlantico stava uscendo dal porto di New York, con i passeggeri tutti sul ponte ad ammirare l'impresa. Era il Lusitania, il cui ruolo nella storia d'America avrebbe avuto un peso pari a quello dei fratelli aviatori, anche se per motivi molto diversi. 

Il biplano dei fratelli Wright e, sullo sfondo, il transatlantico Lusitania
L'atterraggio a Governors Island fu perfetto come il decollo. Wright, con la sua proverbiale calma, non manifestò particolari emozioni, lasciando che le sue imprese parlassero per lui, al contrario della folla urlante che lo attendeva. In quello stesso giorno il biplano si alzò in volo altre due volte, regalando a New York City uno spettacolo indimenticabile. Le imprese aereonautiche sull'isola non erano però ancora finite. Una settimana dopo lo stesso Wright si spinse sino alla Tomba del Generale Grant nella Uptown. 
 Un anno dopo il pilota Glenn Curtis, amico e rivale di Wright, si guadagnò i 10.000 dollari messi in palio dall'editore del New York World, Joseph Pulitzer, atterrando sull'isola dopo aver effettuato un volo in tre tappe dalla città di Albany, sempre nello stato di New York.
La vocazione aereonautica dell'isola proseguì per tutti gli anni del primo conflitto mondiale, quando divenne centro di addestramento per i piloti della neonata forza aerea degli Stati Uniti d'America.
Dopo la fine del conflitto, nel 1918 venne costruita la "ferrovia più corta del mondo", tre chilometri circa di strada ferrata, sulla quale una locomotiva e tre vagoni trasportavano beni e materiali dal molo ai magazzini all'interno.
Negli anni a venire a occuparsi dell'isola furono spesso le cronache sportive. La squadra di Polo dell'isola, composta di graduati dell'esercito, riuscì a sconfiggere in parecchie occasioni avversari, sulla carta, molto più titolati come il team del 112° Artiglieria da Campo o il Monmouth Country Club del New Jersey. Ad assistere agli incontri di questo elitario sport equestre si radunavano più di mille persone.

Partita di polo a Governors Island negli anni 30
La relativa tranquillità operativa dell'intervallo tra le due guerre consentì la realizzazione nel 1930 di una nuova grande costruzione, la Liggett Hall, all'epoca l'edificio più lungo del mondo. Opera del trio di architetti McKim, Mead e White, noto anche come Building 400, fu la prima caserma dell'esercito in grado di ospitare un intero reggimento.I lavori di Castle Williams iniziarono nel 1807 e vennero ultimati nel 1811. Eretto a difesa di un possibile attacco degli Inglesi, ne venne decisa la costruzione poichè l'altra struttura militare dell'isola, Fort Jay, era considerata ormai insufficiente. Il nuovo forte prese il nome del suo creatore, il colonnello Jonathan Williams, soprintendente all'Accademia di West Point e ingegnere capo dell'Esercito, nonché nipote di Benjamin Franklin. Williams fu il primo americano ad occuparsi interamente del design di una struttura militare. Realizzata in arenaria rossa ha un diametro di 61 metri per un'altezza di 12. Caratterizzata da cento feritoie per cannoni disposte su tre file, fu inaugurata come la fortezza con la maggior capacità di fuoco mai costruita. Nel corso della sua storia è stato utilizzato non solo come presidio militare ma anche come prigione e carcere militare. In quest' ultima veste durante la prima guerra mondiale una delle celle ha avuto come ospite ll soldato Walt Disney, reo di essersi allontanato senza permesso.

Vista aerea di Castle Williams
Un viale con alberi dall'aspetto secolare, vegetazione lussureggiante, prati curatissimi. Nella zona centrale di quella che gli americani hanno definito "l'isola al centro del mondo", appena più a sud del Nolan Park, fu la sede del Colonels Row, il viale delle abitazioni dei colonnelli e delle loro famiglie. La struttura, che fiancheggia l'edificio n. 400, l'imponente Ligget Hall, è stilisticamente una reminiscenza dello stile dei campus universitari del New England. Le otto abitazioni, in maggioranza bifamiliari, sono indicate numericamente dal n. 403 al 410 e con una riproposta dello stile coloniale per quelle costruite dopo il 1900, mentre quelle erette nel secolo precedente hanno un' ispirazione romanica, in mattoni rossi. Il Colonels Row e la Ligget Hall ancora oggi segnano il confine con la parte sud dell'isola, zona di minore interesse storico e sede di strutture di servizio e magazzini, ma anche di ampi spazi verdi.

La Admiral's House
L'ingresso della Ligget Hall
Nel 1812, un anno dopo l'inaugurazione di Castle Williams terminarono i lavori di costruzione della South Battery, ai margini del Nolan Park, nel lato nordest dell'isola, eretta a guardia del canale Buttermilk per proteggere Manhattan da un eventuale attacco da Brooklyn da parte degli inglesi. La caserma ebbe un ruolo operativo sino al 3 febbraio del 1881, anno della riorganizzazione del complesso che divenne sede delClub degli Ufficiali. All'interno di Nolan Park si nascondono nel verde altre residenze storiche. Il villaggio vittoriano costituito quasi interamente da abitazioni in legno, fatta eccezione per alcune dimore storiche come la Admiral House del 1840, la Blockhouse del 1843 dove abitò per un breve periodo il generale e futuro presidente Ulysses Grant.

La Dutch House
Altro esempio è la Dutch House, così denominata non perché fosse abitata da olandesi, ma per la sua architettura con il tetto spiovente e il profilo a gradini, noto come tetto all'olandese. La residenza più antica è la Governors House del 1708. Una leggenda del luogo racconta che ai tempi della dominazione inglese il governatore britannico aveva dato ordine di costruire un tunnel sotterraneo sino al molo, per poter scappare dall'isola in caso di invasione degli americani. In realtà non è mai stata trovata traccia di questi scavi. 
Una delle inquadrature migliori della skyline di New York City si ottiene fotografando la città proprio da Governors Island, che offre un'angolazione meno abusata di quella presa da Staten Island o dall'isola della Statua della Libertà, a loro volta perfettamente ritratte dalle rive di Governors Island. Già nei primi del '900 fotografi professionisti e produttori di cartoline ne erano a conoscenza ma non sempre rivelavano il piccolo segreto.
Manhattan vista da Governors Island
Governors Island oggi

martedì 1 maggio 2012

La fermata "segreta" della Metropolitana di New York

La stazione di "City Hall" della metropolitana di New York
La mia collezione di cartoline si è recentemente arricchita di  un paio di soggetti della stazione che vedete ritratta in questo post. Si tratta di immagini della vecchia fermata della metropolitana a City Hall, il Municipio di New York. La stazione, inaugurata nel 1904, è fuori uso, chiusa al pubblico dal 1945 ma esiste ancora, situata dotto il parco del municipio e, apparentemente, irraggiungibile. 
Perché apparentemente? Perché in realtà c''è un modo per ammirare la più bella ex-stazione della metro del mondo.

Cartolina della City Hall Station dei primi del 900, decorata con polvere metallica.
Bisogna prendere il treno della linea 6, arrivare sino al capolinea senza scendere all'ultima fermata e rimanere a bordo fin quando il convoglio non fa inversione alla Brooklyn Bridge Station, per poi riprendere le corse (sempreché il personale della IRT continui a chiudere un occhio su questa piccola trasgressione da turista). Nel tratto dell'inversione si passerà davanti alla fermata fantasma, dove la cartolina d'epoca si tramuterà in realtà.
La fermata di City Hall fu disegnata dallo studio di architetti Heins & la Farge, che progettarono gran parte delle stazioni sin dagli inizi del 900. La costruzione è caratterizzata da archi, volte e ceramiche multicolore, lucernari in vetro ametista (visibili anche dal parco di City Hall, in una zona purtroppo chiusa al pubblico) e pregiati candelieri un tempo utilizzati per l'illuminazione. Le scale sovrastate dagli archi portano al mezzanino dove era situata la biglietteria. La stazione venne chiusa prima dell'avvento dei "tokens", i gettoni necessari all'ingresso ai binari.

La stazione di City Hall com'è oggi
Un'altra occasione potrebbe essere quella di sfruttare le visite periodiche che il museo dell'IRT (che, ora lo preciso, sta per Interborough Rapid Transit) organizza tra i vari siti storici del trasporto newyorchese, per tutte le informazioni questo è il sito ufficiale: NYT Museum. Prima di chiudere il post, diamo spazio a una curiosità. La "stazione perduta" è stata protagonista di "A proposito degli eroi",10° episodio della Quarta Stagione di CSI New York, la celebre serie televisiva con protagonista il detective Mac Taylor interpretato da Gary Sinise.

mercoledì 25 aprile 2012

Il Rex di New York


Il Rex, il più famoso transatlantico italiano
Sono passati ottanta anni da quando il Rex conquistò il celebre Nastro Azzurro per il record di velocità nella traversata atlantica e l'anno prossimo ben due mostre, una a Genova, l'altra a New York, ne ricorderanno i fasti. Ma qual'è la storia di questa nave leggendaria?
L'Italia fino agli Anni 30 non manifestò un particolare interesse nella costruzione di navi transoceaniche in grado di competere per il Blue Riband. Sotto l'aspetto commerciale i grandi armatori inglesi Cunard e White Star e quelli tedeschi Norddeutscher Lloyd e Hamburg Amerika, soddisfacevano ampiamente la richiesta dei passeggeri in cerca di imbarco sulle ocean liner. A cambiare lo stato delle cose intervenne la situazione politica nazionale, caratterizzata in quegli anni dal regime di Benito Mussolini. Il dittatore, aldilà delle convenienze economiche, aveva tra gli obiettivi quello di dimostrare all'Europa la grandezza dell'Italia e della sua Marina.
Una delle prime azioni fu quella di fondere le tre compagnie nazionali in una, con sede a Genova, nominata Italia Flotte Runite, poi Italia Società di Navigazione, nota all'estero come Italian Line, per dare via a progetti navali con l'imperativo di sorprendere il mondo della navigazione per velocità e dimensioni. Vennero commissionati due transatlantici, il Rex e il Conte di Savoia, ma, tra le due, era il Rex, quello costruito nei cantieri Ansaldo, preparato per la conquista del nastro a New York.
Il 27 settembre del 1932 tutto era pronto per il viaggio inaugurale che, pur non registrando il tutto esaurito, aveva raccolto un buon successo commerciale con 1872 passeggeri prenotati su 2358 disponibili. Le prime ore di navigazione furono incoraggianti, la media era elevata e la nave rispondeva alle aspettative.
Poi, l'imprevisto. Un guasto tecnico costrinse il Rex ad ormeggiare a Gibilterra, dove rimase per tre giorni mentre decine e decine di passeggeri decisero di disdire la prenotazione per prendere il treno per la Germania, dove si sarebbero reimbarcati per l'America a bordo della nave tedesca Europa.

La sala radio del Rex
La scelta non si rivelò molto indovinata poiché, con loro grande sorpresa, arrivati a New York videro il Rex già ormeggiato. La nave italiana, nonostante una partenza non proprio entusiasmante, aveva comunque dimostrato di avere le carte in regola.
Il molo all'altezza della 46esima strada era pieno di emigrati italiani in festa a salutare e il Rex che si fregiò di un nastro azzurro lungo ventinove metri, con un nodo per ogni metro a ricordare la velocità mantenuta nell'impresa, regalo del cap. Giorgio Parodi dell'aeroclub di Genova.
Con scaramanzia tutta italiana, ai 1.138 passeggeri ospiti a bordo non era stato annunciato che si navigava per il record.
La presenza di nebbia, inoltre, aumentò la tensione nel comando di bordo. Gli ufficiali avevano il compito di aggiornare due volte al giorno via radiotelefono il ministro delle comunicazioni Costanzo Ciano che, a sua volta, riferiva personalmente al duce.
Finalmente, nonostante la nebbia e le condizioni meteo non ottimali, alle 4.40 di mattina del 16 agosto 1933 il faro di Sandy Hook era stato doppiato. La gioia esplose a bordo e la sfortuna (e la brutta figura) del primo viaggio era già dimenticata.

Il Rex entra nel porto di New York City il 16 agosto del 1933


Il comandante del Rex Francesco Tarabotto ritira il celebre trofeo del Nastro Azzurro (Blue Riband)

Il Rex conservò il primato per un paio d'anni fino a quando le 81.000 tonnellate della S.S. Normandie spinte dalle turbine elettriche non sfiorarono i trenta nodi di media nel 1935.
Il transatlantico italiano non ebbe mai un grande successo commerciale e, come nel giorno del record, le prenotazioni di media coprivano all'incirca la metà della disponibilità. La perdita del primato peggiorò la situazione. Il Rex e la sorella Conte di Savoia continuarono il loro servizio senza particolare clamore sino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Per proteggere le due ammiraglie durante il conflitto, fu decisa la loro sosta nei porti nazionali. ll Rex ormeggiò a Trieste, dove rimase sino al 5 settembre del 1944 quando, durante uno spostamento verso la costa slovena fu attaccata dai bombardieri inglesi della Raf.
Sulle motivazioni dello spostamento e di quell'attacco è stato detto e scritto molto (doveva autoaffondarsi in rada su ordine dei tedeschi per bloccare l'ingresso al porto di Trieste? Stava cercando rifugio sul litorale sloveno per nascondersi agli alleati? Fu una sorta di "vendetta" trasversale di tedeschi e inglesi contro il vascello italiano, reo di aver strappato a entrambi il nastro azzurro?). Interrogativi, più o meno fantasiosi, che ancora oggi generano dubbi. Resta il fatto che, dopo quattro giorni di fiamme, l'avventura del Rex era finita. 
Il Rex in fiamme al largo di Trieste nel 1944

sabato 14 aprile 2012

La Statua della Libertà? Forse è nata a Firenze...



Firenze, Basilica di Santa Croce: La Statua della Libertà scolpita da Pio Fedi  
Il 10 giugno 2004 l'edizione fiorentina del quotidiano La Repubblica riporta la notizia che la Statua della Libertà sarebbe stata ispirata dalla "Statua della Libertà della Poesia", opera di Pio Fedi (1816-1892) che orna la tomba del patriota e letterato risorgimentale Giovanni Battista Niccolini (1782-1861), tomba ospitata nella Basilica di Santa Croce nell'omonima piazza fiorentina. A parlare dei nuovi studi sono stati i due presidenti dell' associazione Toscana-Usa Sergio Pezzati e Lynn Wiechmann, insieme al presidente dell' Opera di Santa Croce, Carla Guiducci Bonanni. In realtà questi studi hanno un'origine più lontana. Nel 1951 padre Raniero Sciamannini pubblicò il volume "La Basilica di Santa Croce: Album Itinerario" nel quale, a pag. 18, si afferma che "la statua, discreta opera di Pio Fedi, fu presa a modello dal Bartholdi durante il suo lungo soggiorno fiorentino per la statua donata dalla Repubblica Francese agli Stati Uniti e innalzata nel porto di New York", anche se, purtroppo, la datazione di questo soggiorno non è documentata. Nel 1957 Piero Bargellini, letterato e futuro sindaco della città negli anni dell'alluvione, ribadì la teoria nel volume "Belvedere: Panorama Storico dell'Arte" (Edizioni Vallecchi). 
Al di là della primogenitura e della veridicità delle circostanze quello che colpisce è l'indubbia somiglianza tra le due opere non solo per quanto riguarda l'estetica ma anche per l'ideale di Libertà proposto. Perfino la stessa lapide della tomba sul pavimento riporta a chiare lettere l'iscrizione "Libertà".

Il piede sinistro della statua di New York spezza la catena 
Le differenze non mancano, a partire dalle forme sinuose e molto più femminili rispetto alla silhouette della sorella americana. La discordanza più eclatatante è che la statua fiorentina impugna nella mano destra una catena spezzata e non una fiaccola ma la stessa catena è comunque presente sia sotto i piedi della Miss Liberty di Bartholdi quale simbolo di schiavitù calpestata che sotto le estremità dell'opera di Fedi, sempre a simbolo di ideali libertari. Per quanto riguarda la fiaccola non bisogna dimenticare che la statua americana nasce con una funzione illuminante anche nel senso letterale della parola oltre che figurato, in quanto luce e faro nella baia di New York City.
La mano sinistra della statua in Santa Croce stringe l'alloro, simbolo della poesia, in omaggio all'attività letteraria di Niccolini mentre Miss Liberty tiene stretto a sè il volume della Dichiarazione d'Indipendenza.
Sono differenze sostanziali, ma dettate dalle diverse destinazioni e funzioni delle due opere, che infine risultano unite, quasi paradossalmente, dalle maglie di una catena spezzata. 


Nella statua fiorentina a spezzare la catena è il piede destro
Per dare concretezza alla teoria dell'ispirazione fiorentina di Miss Liberty sono necessari dei riscontri in riferimento alle circostanze e alla cronologia degli eventi e, a ben vedere, esiste un margine di plausibilità, anche se ristretto. La statua fiorentina venne commissionata nel 1870 all'approssimarsi del decennale della morte di Niccolini e in quell'anno Fedi aveva già disegnato alcuni schizzi preparatori per poi realizzare un modello in gesso l'anno successivo. Sappiamo per certto che Bartholdi partì per l'Egitto nel 1869 per esaminare la proposta di una statua-faro sul Canale di Suez. Il progetto non andò in porto e Bartholdi rientrò in Europa e difese la sua patria al fianco di Giuseppe Garibaldi nel gruppo dei "franchi tiratori", quando l'eroe itlaiano combattè per i francesi nella guerra franco-prussiana tra il luglio del 1870 e il maggio del 1871. In quello stesso anno partirà per gli Stati Uniti con il progetto di Miss Liberty nella borsa e, stando alle note biografiche francesi, realizzò in quei mesi il modello in bronzo alto 2,87 metri poi esposto a Parigi nel Jardin du Luxembourg e recentemente trasferito al Jardin du Acclimatation.


La Statua della Libertà di New York
E' interessante notare anche come il letterato sepolto in Santa Croce a cui è dedicata la statua avesse anch'egli qualche legame con la città di New York. Giovanni Battista Niccolini vide alcune sue opere pubblicate a New York City, dall'editore M.W. Dodd tra cui "The Life of Gavazzi" inserita come appendice alle "Lectures of Father Gavazzi".
Pertanto, il tassello che manca per una dimostrazione dell'ispirazione italiana di Miss Liberty è quello della effettiva visione da parte di Bartholdi dei bozzetti di Fedi prima della realizzazione del modello in bronzo. Se è vero che Bartholdi ebbe alcuni legami con l'Italia e che nei suoi molti viaggì visitò Firenze come testimonia una lettera scritta alla madre nel 1865, si è ancora alla ricerca della prova che possa collocare Bartholdi, usando una terminologia investigativa "sulla scena del crimine".


Il volto della Libertà fiorentina
C'è un altro elemento che contribuisce ad avvalorare il legame tra Firenze e Miss Liberty.
L'architetto Eugene Viollet le Duc (1814-1879), maestro di Bartholdi ed egli stesso coinvolto nella costruzione della Statua della Libertà per quanto riguarda lo scheletro in ferro, amava la città toscana e ne realizzò una veduta nel 1836. Viollet Le Duc scomparve poco dopo l'inizio del lavori della Statua e fu sostituito da Gustave Alexander Eiffel.
Fedi ultimò la statua nel 1877 che però rimase a lungo nel suo atelier in via dei Serragli al n. 99, oggi noto come Galleria Fedi. L'inaugurazione in Santa Croce avvenne solo il 20 settembre del 1883, comunque sempre prima dell'inaugurazione della statua americana avvenuta, come sappiamo, nel 1886.
Quella della ispirazione fiorentina della Statua della Libertà di New York City resta un'ipotesi suggestiva, supportata da alcuni riferimenti sicuramente da approfondire, non prima però di considerare come entrambi gli artisti si sono chiaramente ispirati al mondo classico e in particolare alle rappresentazioni della dea romana Libertas, raffigurata in molte monete dell'Impero o nelle pose delle statue elleniche e romane di Hera (o Era o Giunone), circostanza che potrebbe aver portato i due a creare le loro "Libertà" in maniera indipendente anche se con sorprendenti coincidenze.



La statua realizzata da Pio Fedi ritratta sul n.26 de L'Illustrazione  Italiana del 1883


domenica 18 marzo 2012

New York Stories: Il Governatore Drag Queen

Il governatore di New York Edward Hyde, noto come Lord Cornbury (1661-1723)
Premesso che non sappiamo e non sapremo mai quanti governatori di New York abbiano avuto l'abitudine di travestirsi in abiti femminili nel segreto dei loro uffici , la Storia ci riporta gli inconfutabili atteggiamenti dello scandaloso governatore Edward Hyde (1661-1723), lord di Cornbury (conosciuto più semplicemente come Lord Cornbury) che governò lo stato di New York dal 1702 al 1708. Edward era un cugino della Regina Anna d'Inghilterra, è stato membro del Parlamento per sedici anni nonché veterano dell'esercito e benvoluto dal predecessore di Anna, re Guglielmo III. Le credenziali di Edward erano buone ed arrivò anche il matrimonio con la bella baronessa Katherine Clifton O'Brien.
L'eccentricità del Lord però si manifestò ben presto durante i suoi uffici di governatore inviato dagli inglesi nella colonia americana di New York e New Jersey. Ad una delle prime cene ufficiali il suo discorso si incentrò sulla bellezza delle orecchie della moglie, invitando tutti i presenti ad ammirarle e toccarle di persona. Edward, come ha affermato lo storico George Bancroft, univa "l'arroganza all'imbecillità intellettuale" e questo lo portò a organizzare continue feste imponendo una sorta di tassa d'ingresso ai partecipanti, passava oramai metà del suo tempo ad indossare abiti femminili, inaugurava le assemblee con elaborate parrucche e preziosi ventagli, continuando ad attingere pro domo sua dal patrimonio di stato e nelle sua passeggiate notturne fu persino scambiato per una prostituta da un guardiano di Fort George alla fine della Broadway.
Incurante di quanto la popolazione cominciasse ad averlo di traverso, Lord Conbury sublimò il suo travestitismo facendosi ritrarre in sontuosi abiti muliebri, con tanto di scollatura e ornamenti di pizzo, l'autore del quadro resta ancora oggi sconosciuto.
Ma il meglio, anzi il peggio, doveva ancora venire. Nell'agosto del 1707 la moglie Katharine, alla quale lui rubava sistematicamente gli abiti, morì e Lord Conbury ebbe la splendida idea di presentarsi in abiti femminili al funerale della consorte nella Trinity Church e, non contento, il testo del sermone fu messo in vendita tra i partecipanti alla funzione, con dubbie finalità di "beneficenza ai poveri".
La ribellione e la protesta popolare si concretizzò in alcune lettere, tra cui quella dell'avversario politico Lewis Morris, che stigmatizzavano il comportamento del Lord.

Il sermone messo in vendita presso la Trinity Church di New York durante i  funerali di Lady Cornbury
Cornbury continuò nelle sue abitudini e, soprattutto, continuò ad spendere e spandere i soldi dell'amministrazione come fossero i suoi sino a quando la tanto ammirata regina Anna, nel 1708, lo destituì. Tornato in Inghilterra, continuò ad occupare cariche politiche sino alla sua scomparsa avvenuta nel 1723.
La storia di Edward è sicuramente ammantata di leggenda, non esistono prove della contemporaneità del ritratto e alcune studi, come quelli di Patricia Bonomi, giornalista del New York Times e autrice del libro "The Lord Cornbury Scandal" lo accreditano anche 70 anni dopo la sua morte, inoltre le lettere di protesta non riportano mai testimonianze dirette ma si basano solo sui "si dice che". Voce di popolo, voce di Dio recita il proverbio, comunque lo scandalo di Lord Cornbury, è uno dei più curiosi della storia di New York.
Ma cosa resta, oggi, della memoria del governatore? Qualcosa, di grande, resta. Per un paradosso della storia uno dei più amati presidenti degli USA, Franklin Delano Roosvelt, lega il suo nome al governatore travestito. La residenza di famiglia dei Roosvelt, sulle rive dell'Hudson, si trova ad Hyde Park, località che prende il nome proprio da Edward Hyde che per una mazzetta diede delle concessioni ad alcuni suoi amici su quel territorio e loro, per ringraziarlo, gli diedero il nome di Hyde Park..

La residenza dei Roosvelt ad Hyde Park sulle rive dell'Hudson
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sabato 10 marzo 2012

Porto di New York, molo 59: Aspettando il Titanic

R.M.S. Titanic, cartolina promozionale del 1911
Questo è l'anno del centenario del naufragio del Titanic. Tra pochi giorni saremo anche noi sommersi da iniziative e celebrazioni a riguardo. Del Titanic si è detto, scritto e visto molto ma il punto di vista newyorchese della vicenda, quell'arrivo tanto atteso e mai festeggiato, lo sbarco dei superstiti a bordo del Carpathia, lo shock dei cittadini in attesa sulle banchine di Manhattan è stato raccontato poco o in maniera superficiale. E quindi questo sarà il mio modo di ricordare il transatlantico, di attenderlo lì, sulle rive dell'Hudson, cento anni dopo la sua partenza. 
A New York il 16 aprile del 1912 era prevista una grande festa al molo n. 59 per celebrare l'arrivo di un nuovo transatlantico della compagnia White Star, il Titanic, partito da Southampton per il suo viaggio inaugurale mercoledì 10 aprile, viaggio iniziato, come riportano le cronache dell'epoca, sfiorando la collisione con la S.S. New York della American Liner, appena fuori il porto inglese.

Il Titanic appena uscito dal porto inglese di Southampton rischia la collisione contro il piroscafo "New York"
Il gigante del mare, pur non potendo competere in velocità con altre navi transoceaniche come la Lusitania e la Mauretania aveva suscitato grande clamore per il lusso senza precedenti che caratterizzava gli interni e per alcune soluzioni tecnologiche. Non solo favolose sale da pranzo e saloni con orchestra ma anche una palestra e ricche biblioteche consentivano ai passeggeri un intrattenimento senza precedenti.
Un altro motivo di curiosità era dato dalla numerosa presenza di americani illustri a bordo, molti dei quali pur di viaggiare con quella nave, annunciata come inaffondabile, avevano anticipato o posticipato i loro impegni.
I festeggiamenti al molo 59, come tutti sappiamo, non avvennero mai. La notte tra il 14 e il 15 aprile la nave comandata dal capitano E. J. Smith urtò contro un iceberg per inabissarsi in meno di 180 minuti a 600 miglia da Halifax, cittadina della provincia canadese della Nuova Scozia.
In quelle ore che precedettero il mancato arrivo del Titanic l'atmosfera sul molo cambiò radicalmente. Il clima di euforia e di festa per l'arrivo di parenti e amici su quella nave da sogno lasciò il posto all'ansia e all'orrore per la tragedia.
Giovedì 18 aprile, alle 18 e 10, un'altro piroscafo, il Carpathia della compagnia Cunard, rivale storica della White Star, venne avvistato al faro di Sandy Hook mentre procedeva molto lentamente, per poi oltrepassare la Statua della Libertà alle 19 e 50, navigare davanti al Battery Park alle 20 e 10 osservato da diecimila persone nel silenzio più assoluto. Alle 21 e 35, finalmente, il molo 54 dei Chelsea Piers accolse la nave con il suo carico di superstiti tratti in salvo dal naufragio del Titanic. 

La S.S. Carpathia soccorre i superstiti, cartolina del 1912
La Carpathia non era certo una nave da sogno come molte altre sue compagne di navigazione atlantica. Costruita nei cantieri inglesi di Wallsend on Tyne e varata il 6 agosto del 1902, la sua stazza era registrata per 13.603 tonnellate, all'incirca la metà delle grandi Ocean Liners, con una lunghezza di 171 metri. La velocità di crociera era indicata in 14 nodi, quanto bastava per una tranquilla navigazione, come avvenne nel viaggio inaugurale da Liverpool verso New York del 5 maggio 1903. La struttura albeghiera, 100 posti di prima classe, 200 di seconda e 2.250 di terza classe la identificava come piroscafo prevalentemente destinato al trasporto degli immigrati, in maggioranza ungheresi in virtù di un accordo con il governo di Budapest, con partenza dai porti di Trieste e Fiume e destinazione Boston o New York. Nei viaggi di rientro dall'America aveva una discreta presenza di turisti, grazie anche agli scali nei porti italiani di Genova, Napoli, Messina, Palermo.
Proprio in partenza per uno di questi viaggi verso l'Italia, il 25 aprile del 1906, la nave finì sulle pagine dei giornali non per i racconti e le immagini di qualche vip a bordo ma per la truffa ai danni di alcuni immigrati italiani i quali, contattati da una gang del porto, avevano avuto la "garanzia" di poter tornare a Napoli spendendo solo quindici dollari, la metà della tariffa prevista. Lo schema era semplice. Il viaggiatore sarebbe salito con un biglietto autentico fornito da uno dei truffatori e poi, una volta a bordo, lo avrebbe lanciato sulla banchina dentro un libro legato con un elastico. Lì uno della banda lo avrebbe passato a un altro passeggero, e così via.
La nave era pronta a salpare e quindici italiani si ritrovarono a bordo senza biglietto ma il detective Leeson, nascosto tra le casse di legno ammassate sul molo vide la scena e i tre compari di Brooklyn ideatori della truffa, Nicolò Cenno, Antonio Camara e Gaetano Lasiora, finirono dietro le sbarre. Tre anni dopo la R.M.S. Carpathia abbandonò le rotte atlantiche per iniziare un periodo di attività nel Mediterraneo durato sino al 1912 quando, dopo alcuni lavori effettuati a Liverpool, la nave riprese la rotta per l'America con al comando il capitano inglese Arthur Henry Rostron. Fu lui che, la notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912, venne svegliato dal marconista Harold Cottam che aveva appena raccolto il segnale di soccorso del Titanic. 

Il cap. Arthur Henry Rostron
Quando raccolse l'S.O.S. la Carpathia si trovava a sessanta miglia dal punto del naufragio. La nave della salvezza apparve come un miraggio notturno agli occhi dei naufraghi.
Philip E. Mock, uno dei sopravvissuti, così raccontò quei momenti a un giornalista del New York Tribune: "La scena era sconvogente, ogni passeggero tratto in salvo scrutava l'altro sperando di riconoscerlo come uno dei suoi cari, un marito, un fratello, una moglie, un fratello, una sorella." Mock ricorda anche come sul Carpathia vennero trattati in maniera "splendida".
In poche ore il Capitano Rostron rese la nave un vero ospedale, dando ordine di trasformare le sale da pranzo in locali di pronto soccorso. Alle 4 di mattina del 15 aprile diede ordine di fermare i motori quando furono avvistate le prime scialuppe di salvataggio. Le operazioni proseguirono sino alle nove con l'ultimo dei sopravvissuti tratto in salvo dalla scialuppa n. 12. Tra il personale imbarcato sul Carpathia c'era anche lo steward J.W. Barker che, improvvisatosi fotoreporter, scattò una serie di fotografie dell'intera operazione, molte delle quali divenute cartoline, come quella della citata scialuppa 12, oggi tuttte preziosissime. Barker fu anche uno dei testimoni oculari del mancato intervento del Californian, la nave che si avvicinò sul luogo della tragedia senza però prestare soccorso. 


La folla si raduna davanti al Bowling Green Offices al 5-11 della Broadway in  attesa  di  notizie
Al molo 54 dei Chelsea Piers c'erano duemila persone in attesa, rimaste per giorni da sulla banchina, tra scene di panico, notizie contrastanti e speranze, dove finalmente avrebbero saputo la verità.
Dottori, infermieri, volontarie dell'Esercito della Salvezza, poliziotti, rappresentanti del Governo e delle istituzioni newyorchesi si muovevano in un nervoso andirivieni. Con loro anche decine di fotografi i cui flash al magnesio lampeggiavano in continuazione, lasciando nell'aria un odore pungente e caratteristico che resterà per sempre nella memoria dei presenti.
Nei minuti che precedettero l'ormeggio il silenzio scese sul Pier.


La gente in attesa radunata fuori gli uffici della compagnia Cunard
2000 tra parenti e amici attendono notizie sui moli del porto di New York
Quando, finalmente, la Carpathia attraccò nel porto di New York City i superstiti scesero sulla terraferma con il volto paonazzo per il freddo. Gli ufficiali della dogana e del servizio immigrazione, anche in quel frangente così drammatico, non dimenticarono i loro doveri. "Superstite o passeggero?" Era la prima domanda e, a seconda della risposta, veniva chiesto il nome per indirizzarli, con necessaria e quasi cinica efficienza, nella sezione della banchina dove avrebbero trovato i parenti ed amici. Dei 2.200 passeggeri a bordo del Titanic ne erano stati salvati a bordo della Carpathia oltre 700, di cui 210 componenti della flotta ai quali andavano aggiunti 4 ufficiali. Le vittime della tragedia furono invece 1503.


Le auto in coda in attesa ai Chelsea Piers (le banchine destinate ai transatlantici)
La signora Evangeline Booth, alla guida dell'Esercito della Salvezza, aveva fatto preparare coperte, vestiti e pasti caldi per gli sventurati. La stessa Booth, insieme al Commissario all'Immigrazione William Williams, aveva predisposto un piano di prima accoglienza per chi non aveva bisogno di essere ricoverato, secondo il quale gli uomini sarebbero stati trasferiti al quartier generale a Chatam Square, mentre le donne avrebbero trovato alloggio al Women's Hotel sulla quindicesima strada.
Le operazioni durarono fino a tarda notte, quando l'ultimo sopravvissuto posò i piedi sulla banchina.
In realtà la Carpathia si presentò ai Chelsea Piers qualche ore prima del previsto, o di quanto la voce si era sparsa, e la cosa aveva preso alla sprovvista i parenti e i conoscenti dei passeggeri del Titanic che erano arrivati a New York City da ogni parte degli Stati Uniti in seguito alle terribili notizie. Dalle venti in poi una processione di automobili e di carrozze si spostò dalla settima strada verso nord, ai Chelsea Piers. Sulla quattordicesima strada, all'altezza del molo 54, una schiera di poliziotti, oltre 250, controllavano l'aerea che si estendeva sulla decima avenue verso est tra dalla diciassettesima alla quattordicesima strada, seguendo gli ordini dell'ispettore Russell. Dalla stazione della ferrovia sulla nona strada scendevano continuamente passeggeri che, quasi di corsa, si avviavano verso il molo della Cunard.
Alle nove di sera nei dintorni dell molo erano parcheggiate oltre 500 automobili, un numero impressionante se pensiamo che, in quello stesso anno, in tutta Italia di auto ne circolavano meno di 15.000. Le ambulanze impegnate erano 50 e iniziarono subito le operazioni di trasporto dei feriti e di chi veniva considerato in condizioni fisiche sofferenti. Per facilitare le operazioni ad un altro dei Chelsea Piers, il molo 60, erano arrivati quindici camion della ditta Gimbel Brothers, sui quali erano stati sistemati dei sedili in modo che ogni automezzo potesse ospitare ventiquattro persone. 
Sulla banchina i parenti dei sopravvissuti venivano smistati a seconda delle iniziali del loro cognome, per poi dar via a un drammatico appello.

 I superstiti vennero fatti alloggiare all'Hotel Belmont
In quelle ore i Chelsea Piers erano diventati il vero centro della città di New York. Il management dell'Hotel Belmont inviò sei limousine accompagnate da due medici, i dottori Gibbons e McCabe. Molti dei passeggeri di prima classe trovarono un primo alloggio in quell'Hotel, ma anche altre strutture, piccoli alberghi e alloggi per i marinai di passaggio, diedero la possibilità di riposare ai protagonisti di quella tragedia. L'operazione di salvataggio compiuta dal Carpathia fu vissuta dalla città in maniera straordinaria. L'evento, tra gente in ansia, curiosi, parenti e amici, riversò nelle strade, secondo le fonti della Polizia, oltre trentamila persone. A questa manifestazione di solidarietà, di quel senso di catarsi collettiva che anima le masse durante le disgrazie, fece da contraltare una serie di piccoli episodi di sciacallaggio. Così come oggi finiscono su ebay i pezzi degli aerei caduti, durante la notte dell'arrivo del Carpathia "i cacciatori di souvenir" saccheggiarono le scialuppe portandosi via le targhe con il nome della nave, le bandierine metalliche con il marchio della White Star Line, persino i numeri di identificazione delle scialuppe stesse. 

Gli ispettori della White Star controllano le scialuppe
Il tutto finì sulle strade della città in vendita a prezzi che variavano dai 5 ai 25 dollari. Solo il 20 aprile la Compagnia di Navigazione fece effettuare un inventario delle scialuppe e del loro contenuto, disponendo la conservazione delle imbarcazioni al secondo piano di una soffitta presso l'imbarcadero della Compagnia. Il destino di queste scialuppe è rimasto un mistero anche se l'ipotesi più accreditata è che siano state ridipinte e riutilizzate come dotazione di qualche altra nave della compagnia.
Poco dopo la mezzanotte del 18 aprile gli ultimi sopravvissuti lasciarono il molo per il Saint Vincent Hospital sull'11esima strada, all'incrocio con la 7ma avenue.
La "piccola" Carpathia del capitano Rostron, era entrata nella storia e ne uscirà nel luglio del 1918, quando due siluri tedeschi la affonderanno il 17 luglio del 1918, quasi al termine della Prima Guerra Mondiale. 

L'equipaggio della Carpathia ormeggiata a New York in una foto ricordo dopo il salvataggio

Cosa resta oggi a conservare la memoria del Titanic a New York City? Aldilà di mostre ed eventi realizzati per il centenario due sono i luoghi da visitare. Il primo è il molo 54, o ciò che ne resta, in prossimità dei Chelsea Piers. L'arcata in ferro dell'ingresso al molo, anche se arrugginita, è ancora suggestiva e fare due passi lì, dove hanno attraccato i più celebri transatlantici dà ancora forti emozioni. 
Quella qui sotto è una foto che ho scattato nel 2008, durante uno dei miei ultimi viaggi a New York.


Quel che resta dell'ingresso al Pier 54 del porto di New York 


Un altro luogo titanico di New York è all'angolo tra Pearl Street e Fulton Street a Downtown, nei pressi di South Street Seaport. Lì c'è il faro eretto nel 1913 in memoria del naufragio. In realtà fino al 1967 il faro era collocato sulla cima del Seamen Church's Institute, un edificio religisoso che dava assistenza e alloggio ai marinai della zona. 
Quando l'edificio fu venduto e la società acquirente nel 1967 si occupò della demolizione ma ebbe l'attenzione di preservare il faro-ricordo del Titanic che venne donato dalla Kaiser Nelson Steel & Salvage Company al South Street Seaport Museum e collocato all'indirizzo di cui sopra. 
Dal 1913 al 1967 sulla cima del faro ha funzionato una "time ball", una palla che allo scoccare del mezzogiorno in riferimento all'orario ufficiale dell'Osservatorio Nazionale di Washington, cadeva lungo la sua asta in modo da segnalare il mezzogiorno preciso a tutte le navi in porto che ne approfittavano per sincronizzare gli orologi di bordo e per rendere in questo modo anche un quotidiano omaggio alla memoria del Titanic e a quanti persero la vita in quella tragedia. 



Il faro in memoria del Titanic sulla cima del Seamen's  Church Institute eretto nel 1913
Il faro nella sua collocazione attuale a Pearl Street