sabato 10 marzo 2012

Porto di New York, molo 59: Aspettando il Titanic

R.M.S. Titanic, cartolina promozionale del 1911
Questo è l'anno del centenario del naufragio del Titanic. Tra pochi giorni saremo anche noi sommersi da iniziative e celebrazioni a riguardo. Del Titanic si è detto, scritto e visto molto ma il punto di vista newyorchese della vicenda, quell'arrivo tanto atteso e mai festeggiato, lo sbarco dei superstiti a bordo del Carpathia, lo shock dei cittadini in attesa sulle banchine di Manhattan è stato raccontato poco o in maniera superficiale. E quindi questo sarà il mio modo di ricordare il transatlantico, di attenderlo lì, sulle rive dell'Hudson, cento anni dopo la sua partenza. 
A New York il 16 aprile del 1912 era prevista una grande festa al molo n. 59 per celebrare l'arrivo di un nuovo transatlantico della compagnia White Star, il Titanic, partito da Southampton per il suo viaggio inaugurale mercoledì 10 aprile, viaggio iniziato, come riportano le cronache dell'epoca, sfiorando la collisione con la S.S. New York della American Liner, appena fuori il porto inglese.

Il Titanic appena uscito dal porto inglese di Southampton rischia la collisione contro il piroscafo "New York"
Il gigante del mare, pur non potendo competere in velocità con altre navi transoceaniche come la Lusitania e la Mauretania aveva suscitato grande clamore per il lusso senza precedenti che caratterizzava gli interni e per alcune soluzioni tecnologiche. Non solo favolose sale da pranzo e saloni con orchestra ma anche una palestra e ricche biblioteche consentivano ai passeggeri un intrattenimento senza precedenti.
Un altro motivo di curiosità era dato dalla numerosa presenza di americani illustri a bordo, molti dei quali pur di viaggiare con quella nave, annunciata come inaffondabile, avevano anticipato o posticipato i loro impegni.
I festeggiamenti al molo 59, come tutti sappiamo, non avvennero mai. La notte tra il 14 e il 15 aprile la nave comandata dal capitano E. J. Smith urtò contro un iceberg per inabissarsi in meno di 180 minuti a 600 miglia da Halifax, cittadina della provincia canadese della Nuova Scozia.
In quelle ore che precedettero il mancato arrivo del Titanic l'atmosfera sul molo cambiò radicalmente. Il clima di euforia e di festa per l'arrivo di parenti e amici su quella nave da sogno lasciò il posto all'ansia e all'orrore per la tragedia.
Giovedì 18 aprile, alle 18 e 10, un'altro piroscafo, il Carpathia della compagnia Cunard, rivale storica della White Star, venne avvistato al faro di Sandy Hook mentre procedeva molto lentamente, per poi oltrepassare la Statua della Libertà alle 19 e 50, navigare davanti al Battery Park alle 20 e 10 osservato da diecimila persone nel silenzio più assoluto. Alle 21 e 35, finalmente, il molo 54 dei Chelsea Piers accolse la nave con il suo carico di superstiti tratti in salvo dal naufragio del Titanic. 

La S.S. Carpathia soccorre i superstiti, cartolina del 1912
La Carpathia non era certo una nave da sogno come molte altre sue compagne di navigazione atlantica. Costruita nei cantieri inglesi di Wallsend on Tyne e varata il 6 agosto del 1902, la sua stazza era registrata per 13.603 tonnellate, all'incirca la metà delle grandi Ocean Liners, con una lunghezza di 171 metri. La velocità di crociera era indicata in 14 nodi, quanto bastava per una tranquilla navigazione, come avvenne nel viaggio inaugurale da Liverpool verso New York del 5 maggio 1903. La struttura albeghiera, 100 posti di prima classe, 200 di seconda e 2.250 di terza classe la identificava come piroscafo prevalentemente destinato al trasporto degli immigrati, in maggioranza ungheresi in virtù di un accordo con il governo di Budapest, con partenza dai porti di Trieste e Fiume e destinazione Boston o New York. Nei viaggi di rientro dall'America aveva una discreta presenza di turisti, grazie anche agli scali nei porti italiani di Genova, Napoli, Messina, Palermo.
Proprio in partenza per uno di questi viaggi verso l'Italia, il 25 aprile del 1906, la nave finì sulle pagine dei giornali non per i racconti e le immagini di qualche vip a bordo ma per la truffa ai danni di alcuni immigrati italiani i quali, contattati da una gang del porto, avevano avuto la "garanzia" di poter tornare a Napoli spendendo solo quindici dollari, la metà della tariffa prevista. Lo schema era semplice. Il viaggiatore sarebbe salito con un biglietto autentico fornito da uno dei truffatori e poi, una volta a bordo, lo avrebbe lanciato sulla banchina dentro un libro legato con un elastico. Lì uno della banda lo avrebbe passato a un altro passeggero, e così via.
La nave era pronta a salpare e quindici italiani si ritrovarono a bordo senza biglietto ma il detective Leeson, nascosto tra le casse di legno ammassate sul molo vide la scena e i tre compari di Brooklyn ideatori della truffa, Nicolò Cenno, Antonio Camara e Gaetano Lasiora, finirono dietro le sbarre. Tre anni dopo la R.M.S. Carpathia abbandonò le rotte atlantiche per iniziare un periodo di attività nel Mediterraneo durato sino al 1912 quando, dopo alcuni lavori effettuati a Liverpool, la nave riprese la rotta per l'America con al comando il capitano inglese Arthur Henry Rostron. Fu lui che, la notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912, venne svegliato dal marconista Harold Cottam che aveva appena raccolto il segnale di soccorso del Titanic. 

Il cap. Arthur Henry Rostron
Quando raccolse l'S.O.S. la Carpathia si trovava a sessanta miglia dal punto del naufragio. La nave della salvezza apparve come un miraggio notturno agli occhi dei naufraghi.
Philip E. Mock, uno dei sopravvissuti, così raccontò quei momenti a un giornalista del New York Tribune: "La scena era sconvogente, ogni passeggero tratto in salvo scrutava l'altro sperando di riconoscerlo come uno dei suoi cari, un marito, un fratello, una moglie, un fratello, una sorella." Mock ricorda anche come sul Carpathia vennero trattati in maniera "splendida".
In poche ore il Capitano Rostron rese la nave un vero ospedale, dando ordine di trasformare le sale da pranzo in locali di pronto soccorso. Alle 4 di mattina del 15 aprile diede ordine di fermare i motori quando furono avvistate le prime scialuppe di salvataggio. Le operazioni proseguirono sino alle nove con l'ultimo dei sopravvissuti tratto in salvo dalla scialuppa n. 12. Tra il personale imbarcato sul Carpathia c'era anche lo steward J.W. Barker che, improvvisatosi fotoreporter, scattò una serie di fotografie dell'intera operazione, molte delle quali divenute cartoline, come quella della citata scialuppa 12, oggi tuttte preziosissime. Barker fu anche uno dei testimoni oculari del mancato intervento del Californian, la nave che si avvicinò sul luogo della tragedia senza però prestare soccorso. 


La folla si raduna davanti al Bowling Green Offices al 5-11 della Broadway in  attesa  di  notizie
Al molo 54 dei Chelsea Piers c'erano duemila persone in attesa, rimaste per giorni da sulla banchina, tra scene di panico, notizie contrastanti e speranze, dove finalmente avrebbero saputo la verità.
Dottori, infermieri, volontarie dell'Esercito della Salvezza, poliziotti, rappresentanti del Governo e delle istituzioni newyorchesi si muovevano in un nervoso andirivieni. Con loro anche decine di fotografi i cui flash al magnesio lampeggiavano in continuazione, lasciando nell'aria un odore pungente e caratteristico che resterà per sempre nella memoria dei presenti.
Nei minuti che precedettero l'ormeggio il silenzio scese sul Pier.


La gente in attesa radunata fuori gli uffici della compagnia Cunard
2000 tra parenti e amici attendono notizie sui moli del porto di New York
Quando, finalmente, la Carpathia attraccò nel porto di New York City i superstiti scesero sulla terraferma con il volto paonazzo per il freddo. Gli ufficiali della dogana e del servizio immigrazione, anche in quel frangente così drammatico, non dimenticarono i loro doveri. "Superstite o passeggero?" Era la prima domanda e, a seconda della risposta, veniva chiesto il nome per indirizzarli, con necessaria e quasi cinica efficienza, nella sezione della banchina dove avrebbero trovato i parenti ed amici. Dei 2.200 passeggeri a bordo del Titanic ne erano stati salvati a bordo della Carpathia oltre 700, di cui 210 componenti della flotta ai quali andavano aggiunti 4 ufficiali. Le vittime della tragedia furono invece 1503.


Le auto in coda in attesa ai Chelsea Piers (le banchine destinate ai transatlantici)
La signora Evangeline Booth, alla guida dell'Esercito della Salvezza, aveva fatto preparare coperte, vestiti e pasti caldi per gli sventurati. La stessa Booth, insieme al Commissario all'Immigrazione William Williams, aveva predisposto un piano di prima accoglienza per chi non aveva bisogno di essere ricoverato, secondo il quale gli uomini sarebbero stati trasferiti al quartier generale a Chatam Square, mentre le donne avrebbero trovato alloggio al Women's Hotel sulla quindicesima strada.
Le operazioni durarono fino a tarda notte, quando l'ultimo sopravvissuto posò i piedi sulla banchina.
In realtà la Carpathia si presentò ai Chelsea Piers qualche ore prima del previsto, o di quanto la voce si era sparsa, e la cosa aveva preso alla sprovvista i parenti e i conoscenti dei passeggeri del Titanic che erano arrivati a New York City da ogni parte degli Stati Uniti in seguito alle terribili notizie. Dalle venti in poi una processione di automobili e di carrozze si spostò dalla settima strada verso nord, ai Chelsea Piers. Sulla quattordicesima strada, all'altezza del molo 54, una schiera di poliziotti, oltre 250, controllavano l'aerea che si estendeva sulla decima avenue verso est tra dalla diciassettesima alla quattordicesima strada, seguendo gli ordini dell'ispettore Russell. Dalla stazione della ferrovia sulla nona strada scendevano continuamente passeggeri che, quasi di corsa, si avviavano verso il molo della Cunard.
Alle nove di sera nei dintorni dell molo erano parcheggiate oltre 500 automobili, un numero impressionante se pensiamo che, in quello stesso anno, in tutta Italia di auto ne circolavano meno di 15.000. Le ambulanze impegnate erano 50 e iniziarono subito le operazioni di trasporto dei feriti e di chi veniva considerato in condizioni fisiche sofferenti. Per facilitare le operazioni ad un altro dei Chelsea Piers, il molo 60, erano arrivati quindici camion della ditta Gimbel Brothers, sui quali erano stati sistemati dei sedili in modo che ogni automezzo potesse ospitare ventiquattro persone. 
Sulla banchina i parenti dei sopravvissuti venivano smistati a seconda delle iniziali del loro cognome, per poi dar via a un drammatico appello.

 I superstiti vennero fatti alloggiare all'Hotel Belmont
In quelle ore i Chelsea Piers erano diventati il vero centro della città di New York. Il management dell'Hotel Belmont inviò sei limousine accompagnate da due medici, i dottori Gibbons e McCabe. Molti dei passeggeri di prima classe trovarono un primo alloggio in quell'Hotel, ma anche altre strutture, piccoli alberghi e alloggi per i marinai di passaggio, diedero la possibilità di riposare ai protagonisti di quella tragedia. L'operazione di salvataggio compiuta dal Carpathia fu vissuta dalla città in maniera straordinaria. L'evento, tra gente in ansia, curiosi, parenti e amici, riversò nelle strade, secondo le fonti della Polizia, oltre trentamila persone. A questa manifestazione di solidarietà, di quel senso di catarsi collettiva che anima le masse durante le disgrazie, fece da contraltare una serie di piccoli episodi di sciacallaggio. Così come oggi finiscono su ebay i pezzi degli aerei caduti, durante la notte dell'arrivo del Carpathia "i cacciatori di souvenir" saccheggiarono le scialuppe portandosi via le targhe con il nome della nave, le bandierine metalliche con il marchio della White Star Line, persino i numeri di identificazione delle scialuppe stesse. 

Gli ispettori della White Star controllano le scialuppe
Il tutto finì sulle strade della città in vendita a prezzi che variavano dai 5 ai 25 dollari. Solo il 20 aprile la Compagnia di Navigazione fece effettuare un inventario delle scialuppe e del loro contenuto, disponendo la conservazione delle imbarcazioni al secondo piano di una soffitta presso l'imbarcadero della Compagnia. Il destino di queste scialuppe è rimasto un mistero anche se l'ipotesi più accreditata è che siano state ridipinte e riutilizzate come dotazione di qualche altra nave della compagnia.
Poco dopo la mezzanotte del 18 aprile gli ultimi sopravvissuti lasciarono il molo per il Saint Vincent Hospital sull'11esima strada, all'incrocio con la 7ma avenue.
La "piccola" Carpathia del capitano Rostron, era entrata nella storia e ne uscirà nel luglio del 1918, quando due siluri tedeschi la affonderanno il 17 luglio del 1918, quasi al termine della Prima Guerra Mondiale. 

L'equipaggio della Carpathia ormeggiata a New York in una foto ricordo dopo il salvataggio

Cosa resta oggi a conservare la memoria del Titanic a New York City? Aldilà di mostre ed eventi realizzati per il centenario due sono i luoghi da visitare. Il primo è il molo 54, o ciò che ne resta, in prossimità dei Chelsea Piers. L'arcata in ferro dell'ingresso al molo, anche se arrugginita, è ancora suggestiva e fare due passi lì, dove hanno attraccato i più celebri transatlantici dà ancora forti emozioni. 
Quella qui sotto è una foto che ho scattato nel 2008, durante uno dei miei ultimi viaggi a New York.


Quel che resta dell'ingresso al Pier 54 del porto di New York 


Un altro luogo titanico di New York è all'angolo tra Pearl Street e Fulton Street a Downtown, nei pressi di South Street Seaport. Lì c'è il faro eretto nel 1913 in memoria del naufragio. In realtà fino al 1967 il faro era collocato sulla cima del Seamen Church's Institute, un edificio religisoso che dava assistenza e alloggio ai marinai della zona. 
Quando l'edificio fu venduto e la società acquirente nel 1967 si occupò della demolizione ma ebbe l'attenzione di preservare il faro-ricordo del Titanic che venne donato dalla Kaiser Nelson Steel & Salvage Company al South Street Seaport Museum e collocato all'indirizzo di cui sopra. 
Dal 1913 al 1967 sulla cima del faro ha funzionato una "time ball", una palla che allo scoccare del mezzogiorno in riferimento all'orario ufficiale dell'Osservatorio Nazionale di Washington, cadeva lungo la sua asta in modo da segnalare il mezzogiorno preciso a tutte le navi in porto che ne approfittavano per sincronizzare gli orologi di bordo e per rendere in questo modo anche un quotidiano omaggio alla memoria del Titanic e a quanti persero la vita in quella tragedia. 



Il faro in memoria del Titanic sulla cima del Seamen's  Church Institute eretto nel 1913
Il faro nella sua collocazione attuale a Pearl Street



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